ms. SC-MS. 1162 (D II 41)
Rimini, Biblioteca Civica Gambalunga, Sc-Ms. 1162.
Tiratura limitata
- Formato cm 25,5×39,5
- 120 carte
- Miniature attribuite a Giacomo Gradenigo, ad un bolognese prossimo al Maestro delle iniziali di Bruxelles e al veneto Cristoforo Cortese
- Stampa fine art
- Applicazione della foglia d’oro a mano
- Carta pergamena trattata a mano per il raggiungimento dello stato ottimale di invecchiamento
- Legatura eseguita artigianalmente
- Pelle fiore a concia naturale
- Cucitura a mano
La Divina Commedia oggi conservata alla Biblioteca Gambalunghiana di Rimini, riveste un ruolo singolarissimo e per certi versi di rara eccellenza nella storia dell’illustrazione del poema dantesco in Italia nel Trecento, sia per l’illustre committenza, sia per la qualità squisita dell’illustrazione dovuta a maestri di alta classe e in particolare a Cristoforo Cortese, il più importante miniatore tardo gotico veneziano.
Di grande formato, realizzato in morbida pergamena e scritto in elegante littera textualis, ancora racchiuso in una legatura antica se non originale, il codice contiene non solo il testo della Divina Commedia ma anche il commento, opportunamente rielaborato, di Iacopo della Lana.
La concezione dell’opera e la sua esemplazione spetta al fine letterato e poeta veneziano, Iacopo Gradenigo detto il Belletto.
Iacopo Gradenigo, discendente da una delle più antiche e illustri famiglie patrizie veneziane , fu assiduamente impegnato nella vita civile svolgendo vari incarichi ufficiali di prestigio.
Da saggio amministratore del proprio denaro Gradenigo non mancò di registrare le spese sostenute per l’esecuzione dell’opera in una notula apposta su un foglio pergamenaceo oggi incollato all’interno del piatto posteriore della legatura in cui sono segnati i pagamenti fatti per le pergamene, per i segni paragrafali, per la sopra coperta di cuoio e per le sue finiture d’argento eseguite da certo orefice Carlo, infine per la legatura fatta eseguire a ‘Cerbero bidello’. Quest’ultima menzione è molto importante perché ci riporta senza dubbio ad ambiente universitario e più precisamente allo Studio di Padova dove nel 1400 è segnalato appunto un bidello di nome Cerbero.
I maestri chiamati ad operare nella Divina Commedia sono senz’altro due:
al Maestro delle iniziali di Bruxelles, miniatore bolognese identificabile con Giovanni di Fra Silvestro spettano la prima pagina (f. 2r) con cornice e stemma, una iniziale decorata (f.2v) e la prima vignetta (f.4r), mentre al secondo, Cristoforo Cortese, vanno riferite le successive ventitré miniature, che per la raffinata gentilezza e l’affabile emotività si rivelano squisitamente veneziane.
Il codice dantesco, nel 1422 doveva trovarsi in casa Sanudo, visto che ne fu eseguita una copia cartacea in tre volumi, di cui quello contenente il Paradiso è sottoscritto nel 1422 da Marin Sanudo, entrò nella Biblioteca di Carlo Malatesta per poi giungere alla Biblioteca Gambalunga nel 1793 con la prestigiosa biblioteca del Cardinale Giuseppe Garampi.